Diario Romagna, testimonianze dall'alluvione. Parte 2: i volontari al Museo Tramonti
di Irene Biolchini, scritto il 27/07/2023
Angelica Marescotti Savini (Studentessa, Bologna)
Non ho potuto credere a quello che ho visto ai telegiornali. Non ho potuto credere a quello che ho sentito alla radio. Non ho potuto credere a quello che mi hanno comunicato le testimonianze. Allora sono partita per vivere e vedere quello che non volevo sapere. Quanto è stimolante ridare vita a ciò che vita non ha più? Quanto è soddisfacente vedere il fuoco rinasce dalle ceneri? Cosa significa ritrovare il valore e il prestigio che è stato perso? Questo mi sono chiesta... Fango, terra, rifiuti, polvere, fango, fango, fango, fango, fango, fango ovunque...
Il mio piccolo contributo al Museo Tramonti Guerrino, assieme ad amiche e altre ragazze volontarie, è stato per me una riscoperta, uno stimolo per ripartire e rinascere insieme partendo dall'arte, da uno spazio museale. Ho aiutato dei ragazzi a svuotare la cantina nel buio e nell'umidità ravanando con le mani nel fango, con la melma fino alle ginocchia, ho ripulito diversi quadri con la pompa d'acqua uno ad uno, facendo risplendere e rivivere la bellezza delle opere dei quadri di Tramonti, celata da quella fanghiglia e terra corrosiva. Dietro al disastro vissuto, una grande unione, una forza immensa, un'allegria immisurabile e tanta positività è ciò che ho provato e ho visto con i miei occhi. Si spalava il fango sotto il sole e il caldo, pile di oggetti senza più valore e forma, più ci si muoveva più si affondava in basso e ci si poteva solo pulire gli occhi dalla terra bagnata, ma sotto a questo fango c'erano i sorrisi di chi non si vuole arrendere.
Leone Marescotti Savini (Studente, Bologna)
Non scorderò mai la vista della città appena arrivato: la pesante e immobile coperta di fango appiccicoso, le ruspe instancabili, i sorrisi di chi non molla e vuole riscattarsi. Ho camminato attraverso il centro a fatica, per via degli stivali che regolarmente si incollavano nella melma, fino a raggiungere il Museo Tramonti. Sono stato accolto da alcuni volontari che lì lavoravano e dai fantastici proprietari, che col sorriso mi hanno spiegato sommariamente il lavoro da fare. Bisognava pulire il più velocemente possibile le opere dal fango che le aveva coperte, prima che si seccasse e compromettesse irrimediabilmente le tele. Con spazzola e tubo da giardino ho pulito per ore quanti più quadri possibile, liberando dalla patina di fango spazzolata dopo spazzolata, le semplici e armoniose forme, i colori intensi, i bellissimi volti e i soggetti di ogni fattezza che sotto la melma aspettavano solo di tornare in vita. L'emozione più incredibile che porterò per sempre con me è stata la possibilità di salvare le opere d'arte in una maniera così diretta e senza filtri, contribuendo, seppur minimamente, alla conservazione di tanta bellezza, nonostante la tragedia che ci circondava.